Il piano o pianoforte è il più popolare tra gli strumenti a tastiera. Il primo pianoforte fu costruito nei primi anni del Settecento dall’italiano Bartolomeo Cristofori, che sperimentò lo strumento a tastiera dove fosse determinante il tocco dell’esecutore diversamente dal clavicembalo. Il nuovo strumento passò inosservato, ma l’interesse di uno scrittore, Scipione Maffei che scrisse un articolo dopo una visita a Cristofori, tradotto più tardi in tedesco decise Gottfried Silbermann a costruire dei pianoforti. Nel 1760 Johannes Zumpe, allievo del Silbermann, portò in Inghilterra la tecnica della costruzione di pianoforti e qui sviluppò il suo pianoforte a tavolino. La manifattura si diffuse poi in tutta Europa e l’America. I pianoforti dell’epoca di Mozart, anche quelli costruiti da Stein, avevano poco a che fare con gli strumenti odierni.
In quegli anni dominava ancora il clavicembalo., uno strumento nel quale i tasti muovono delle "pinzette" che pizzano le corde. Il pianoforte (o fortepiano come si diceva allora) è invece uno strumento a percussione, in cui i tasti muovono dei martelletti che vanno a percuotere le corde, che possono essere percosse forte o piano, da cui il nome.
Nonostante siano stati in molti a realizzare l’idea del fortepiano, a quell’epoca, l’invenzione viene in genere fatta risalire a Bartolomeo Cristofori (1655-1731), costruttore di clavicembali e conservatore di strumenti musicali alla corte granducale di Toscana. Nell’impero austro-ungarico il fortepiano cominciò a diffondersi intorno al 1770, ma sicuramente Mozart ne aveva già visti e suonati in giro per l’Europa, e in particolare durante il suo soggiorno a Londra nel 1765.
Il pianoforte è uno degli strumenti più popolari e più versatili. Ha una notevole estensione, più ampia di quella dell’organo, ed è strumento fortemente espressivo. È un’importante strumento domestico e viene usato come solista e per l’accompagnamento. Il pianoforte partecipa regolarmente ai concerti come solista, nella musica da camera e nei concerti sinfonici.
Oggi molti esecutori sono tornati, non senza ragione,a preferire gli antichi strumenti a quelli moderni; benché quelli venuti dopo la morte di Mozart avessero già subito delle migliorie, e altre ne siano state fatte apportare da vari compositori, tra cui Beethoven e Chopin. Il fatto è che il repertorio è legato a una certa sonorità; e il problema non è soltanto quello di far cantare uno strumento a percussione.
Il pianoforte moderno è composto da sei parti fondamentali (nella descrizione che segue i numeri si riferiscono ai relativi numeri fra parentesi presenti nel diagramma della struttura di un pianoforte). 1) Il telaio è solitamente in ferro. Nella parte posteriore è sistemato il raccoglitore delle corde, mentre al principio è posta la cordiera, dove sono sistemate le caviglie, attorno alle quali vengono fissate le corde per essere poi intonate. 2) La tavola armonica, una sottile tavola di legno che si trova sotto le corde, rinforza il suono vibrando al momento dell'emissione delle note. 3) Le corde, in lega d'acciaio, variano in diametro e in lunghezza dal registro acuto a quello grave. Alle note più acute sono assegnate due o tre corde intonate all'unisono. Le corde più gravi sono singole e rese più pesanti da un sottile rivestimento di rame. 4) La meccanica è l'insieme delle parti che permettono ai martelletti di colpire le corde (vedi oltre, il funzionamento della meccanica). La parte più in vista della meccanica è la tastiera, sulla quale l'esecutore agisce direttamente con le dita. I tasti bianchi, che corrispondono alle note naturali, sono ricoperti d'avorio o di plastica, mentre quelli corrispondenti alle note alterate, neri, sono d'ebano o anch'essi di plastica. 5) I pedali sono leve manovrate dai piedi. Il pedale di risonanza, o "del forte", solleva tutti gli smorzatori, lasciando vibrare liberamente le corde percosse anche dopo la ricaduta del tasto. Il pedale "del piano", o sordina, avvicina i martelletti, oppure sposta la meccanica a destra o a sinistra, in modo che il martello colpisca una sola delle corde corrispondenti al tasto premuto; in entrambi i casi il risultato è una riduzione dell'intensità sonora. Alcuni pianoforti possiedono un terzo pedale, posto al centro, che sostiene solo le note che vengono suonate in un determinato momento. L'uso dei pedali contribuisce a variare con sfumature la qualità del timbro dello strumento. La maggior parte dei pianoforti verticali possiede un pedale che, se premuto, interpone una striscia di feltro fra le corde e i martelletti, ottenendo in questo modo un suono attutito. 6) I pianoforti, in base alla loro forma, possono essere a coda, verticali o rettangolari. Quest'ultimo modello è caduto in disuso da tempo, soppiantato dal pianoforte verticale. I pianoforti a coda sono costruiti in diverse misure e vanno dal gran coda da concerto, lungo fino a 290 cm, al quarto di coda o piccola coda, che raggiunge i 150 cm.
Nel pianoforte verticale le corde sono tese appunto verticalmente o in diagonale dall'alto al basso dello strumento. Nei pianoforti verticali e nei piccoli a coda, le corde sono generalmente sovrapposte: le corde del registro grave incrociano infatti diagonalmente quelle alte, in modo da distribuire uniformemente la tensione e da occupare meno spazio. La tensione delle corde in un pianoforte a gran coda può raggiungere le trenta tonnellate; in un pianoforte verticale circa quattordici.
La caratteristica fondamentale che distingue il pianoforte dagli altri strumenti a tastiera è che il martelletto, una volta colpita la corda, ricade indietro, grazie al meccanismo dello scappamento, anche se il tasto che lo ha lanciato non torna in posizione di riposo; inoltre, quando il tasto viene premuto, un blocchetto di legno rivestito di feltro (smorzatore) si solleva, ricadendo quando il tasto viene lasciato dall'esecutore e andando così a soffocare la vibrazione della corda. Lo schema che segue mostra più dettagliatamente questo movimento. I numeri fra parentesi si riferiscono a quelli del diagramma relativo alla meccanica di un pianoforte a gran coda.
Il tasto (1) del pianoforte è una leva imperniata su un bilanciere (2). Quando si preme il tasto, la parte posteriore, o coda, si solleva e il perno (3) mette in movimento il cavalletto (4), che è incernierato. L'estremità libera del cavalletto si alza, portando con sé un elemento a L, lo scappamento (5) e lo spingitore per ripetizione (9). Lo scappamento aziona il rullino (6) di feltro fissato all'asta del martello (7); così il martelletto si solleva. Il movimento verso l'alto dello scappamento si arresta quando l'estremità sporgente di questo tocca il bottoncino di regolazione (8). Il martello prosegue la sua corsa staccandosi dallo scappamento e colpisce le corde. Anche lo spingitore (9) si solleva e resta sollevato finché il tasto non viene rilasciato.
Il martello ricade, ma non completamente: viene arrestato dal rullino dell'asta del martello (6) che colpisce lo spingitore (9) sollevato. Lo scappamento (5) può così tornare in posizione di riposo sotto l'asta del martello parzialmente sollevato. Contemporaneamente, il paramartello (11) impedisce che il martello rimbalzi contro le corde.
Se il tasto viene parzialmente rilasciato, il martello si muove libero dal paramartello e lo spingitore per ripetizione rimane sollevato. Se si preme nuovamente il tasto parzialmente rilasciato, lo scappamento (5) può spingere di nuovo il rullino (6) e l'asta del martello (7) verso l'alto. Questo sistema permette la rapida ripetizione di una nota senza che il tasto e il martello debbano ritornare nella posizione originaria.
Intanto, la coda del tasto ha sollevato anche il montante (12) che stacca lo smorzatore (13) dalle corde corrispondenti al tasto. Quando il tasto viene rilasciato, anche parzialmente, lo smorzatore ricade sulle corde e ne blocca la vibrazione.
Quando il tasto è del tutto libero, tutte le parti del meccanismo ritornano alla loro posizione originaria a causa della gravità. Contrariamente a ciò che avviene nei pianoforti a coda, nei pianoforti verticali non tutte le parti del meccanismo possono tornare a riposo sfruttando la gravità, poiché la meccanica è disposta verticalmente e non orizzontalmente. Per questo motivo nella meccanica dei verticali sono previste piccole strisce di stoffa che riportano nella posizione originaria alcune parti del meccanismo.