Lo scorso 5 ottobre il Coro della Filarmonica Pisana e L'Orchestra dell'Associazione Culturale S.Francesco di Pisa si sono esibiti insieme a Rimini, all'interno dell'evento "Stay Tuned" organizzato da "Acli Arte e Spettacolo". Il programma prevedeva l'esecuzione di Litaniae Lauretanae K195 per soli, coro e orchestra e della sinfonia n.40 K 550 di W.A. Mozart. Pubblichiamo una cronaca "semiseria" della trasferta riminese vista con gli occhi delle nostre due coriste Ambra e Sandra.
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Una gita a Rimini: Cronaca semiseria della trasferta del Coro della Società Filarmonica Pisana a Rimini insieme all'Orchestra dell'Associazione Culturale San Francesco - 5 Ottobre 2019
Programma:
W.A. Mozart - Litaniae Lauretanae K. 195 per soli, coro e orchestra; Sinfonia n. 40 in sol min. K 550.
Ilaria Casai soprano, Anna Maria Guarducci mezzosoprano, Hernan Godoy tenore, Andrea Paolucci basso
Coro della Società Filarmonica Pisana – Orchestra dell'Associazione Culturale San Francesco
Giovanni Del Vecchio, direttore
Preludio:
Il bello del Maestro Giovanni Del Vecchio è che riesce a coordinare concerti dal programma avvincente con collaborazioni interessanti in luoghi ed ambienti suggestivi.
Il brutto è che per la migliore riuscita del progetto chiede al coro impegno, lacrime e sangue (!)
Il concerto del 5 ottobre a Rimini rappresenta la perfetta sintesi di quanto detto.
Cronaca:
Il 5 ottobre siamo partiti per Rimini in pullman: Maestro, coro, solisti, orchestrali e loro strumenti; non dissimili da gitanti in partenza per amena località a scopo promozione commerciale e conseguente vendita tegami, eravamo in realtà destinati a compiere un prodigio: IL CONCERTO che nella fattispecie prevedeva Litaniae Lauretanae e Sinfonia n. 40 di Mozart, una roba grossa per noi viaggiatori col pranzo al sacco bastevole per tre giorni (e si che per quanto anziani nessuno ha fatto la guerra..) e il mal d’auto (con scambio di pasticche al limite dello spaccio).
Saremmo riusciti a compiere la meravigliosa alchimia di suoni e voci? Per intanto ci si doveva mettere comodi per il viaggio e si doveva risolvere amichevolmente il tira e molla tra l’autista che invitava a sistemare i colli voluminosi nel portabagagli e alcuni orchestrali che avrebbero venduto la mamma piuttosto che abbandonare lo strumento nella stiva alla mercè di urti e scossoni; quindi, sistemato il contrabbasso e qualche fagotto nelle poltroncine, sotto lo sguardo amorevole dei proprietari, il Maestro ha fatto l’appello ed è cominciata l’avventura.
Va detto che l’autista ci ha portati pari pari sia all’andata che al ritorno e che Rimini è una cittadina veramente graziosa della quale abbiamo subito apprezzato gli spazi verdi intorno al bellissimo ponte romano la cui costruzione fu iniziata sotto Augusto e completata da Tiberio; attraversato il ponte siamo giunti alla chiesa di Santa Maria dei Servi dove era previsto il concerto per la sera alle 21;00. Mentre il Maestro e l’Orchestra provavano la Sinfonia, il Coro ha avuto un piccolo spazio di tempo libero che i più avveduti hanno impiegato per raggiungere il mare dove, suppongo, avranno potuto ammirare il paesaggio tipico dell’industria turistica romagnola costellato di albergoni e balere e forse in preda a suggestione collettiva avranno anche creduto di avvistare, beati loro, il transatlantico Rex di felliniana memoria; qualche intellettuale ha visitato il fulgido esempio di architettura rinascimentale di Leon Battista Alberti e i più tonti (tra cui la scrivente) hanno preso la direzione contraria finendo nello struscio del corso principale e ancora oggi si stanno domandando se a Rimini ci sia davvero il mare.
Al termine delle prove delle Litaniae si è chiarito finalmente il dubbio che ci aveva tormentato per tutto il pomeriggio: gli organizzatori dell’evento ci avrebbero dato cena prima o dopo il concerto? Ce la davano prima e questa notizia un pò ci costernava poiché si sa che non va bene mangiare prima di un concerto, e in quel frangente, entrati nel clima della necessaria commozione e empatia con quanto si stava eseguendo, ciascuno di noi deprecava questa circostanza non avendo altra finalità che partecipare dell’aura magica che cominciava a pervaderci. Però tutto sommato è stato utile mangiare prima; il cibo ha contribuito a offrirci il rilassamento di cui avevamo bisogno; da principio eravamo guardinghi e nessuno osava ordinare birra o coca cola, per timore dei borborigmi, poi però abbiamo vinto le resistenze e ci abbiamo dato dentro anche con piadine variamente farcite, patate fritte e panini con wurstel e altre cose non meglio identificate ma di molto buone.
Tornati alla chiesa, abbiamo occupato militarmente la sacrestia per cambiarci d’abito e compiere la trasformazione da brutti anatroccoli in cigni; i solisti iniziavano a scaldarsi con i loro gorgheggi: Ilaria, soprano con la quale cantiamo da quando aveva la voce cristallina di bimba e oggi cresciuta d’età e professionalmente (mentre noi si invecchia) continua a lasciarci sbigottiti per la sua bravura; Anna Maria, mezzo soprano e nostra bravissima maestra di canto. Inoltre Andrea, Basso, e Hernan, tenore, del quale qualcuno diceva “guarda è argentino e sembra proprio un ballerino di flamenco” (peccato che da quelle parti semmai si balli il tango!).
Mentre la chiesa si riempiva di spettatori, nelle retrovie aveva luogo l’irrinunciabile rito apotropaico col pronunciamento della parola che inizia per M e finisce per A qui irripetibile. La chiesa era strapiena, il pubblico applaudiva anche tra un movimento e l’altro delle Litaniae. Poi si rendeva conto che non si doveva e allora smorzava il battimani. E quando infine avrebbe potuto, rimaneva irretito quella frazione di secondo che gli serviva a capire se era consentito applaudire; questa compressione si è allentata alla fine del concerto quando sono partiti applausi scroscianti, così che Maestro e solisti bravissimi hanno dovuto fare avanti e indietro per i ringraziamenti svariate volte.
Giovanni (altrove nel testo il Maestro) al termine del concerto, accaldato da far paura, con la fascia del frac che aveva perso ahimè la sua funzione estetica essendosi attorcigliata fino a sembrare un sottopancia – insomma era tutto sbudellato - e il ginocchio dolorante che gli provocava una certa zoppia e un bel po’ di tormento, per tutto questo martirio, si meritava di essere acclamato Santo subito con l’approvazione dei Servi di Maria. Era scritto, presentivamo il martirio del Maestro già al ristorante quando lo abbiamo fotografato circondato da un’aureola di lampadine multicolori.
Ambra e Sandra